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giovedì 3 marzo 2011

Marcel Lefebvre: Hanno trasformato i nostri Sacrifici, i sacramenti, i catechismi... Siamo stupefatti, dolorosamente sorpresi. Che fare in presenza di una realtà così profondamente angosciosa, lacerante, schiacciante? Mantenere la fede.

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 Marcel Lefebvre, intrepido difensore della Dottrina, della  vera Chiesa Cattolica.


LA VERA OBBEDIENZA
C'è una fondamentale virtù cristiana su cui, specialmente nei tempi di oggi, mi sembra opportuno richiamare la vostra attenzione: è la virtù dell'obbedienza. Perché? Perché ciò che ci fa perdere la grazia santificante, l'amicizia di Dio, è appunto il peccato opposto, il peccato di Eva, la madre del genere umano, il peccato di disob­bedienza. A causa del suo peccato, della sua disobbedienza, Eva ha trascinato con sé tutte le anime venute dopo di lei.
Dacché questo peccato dei nostri progenitori è entrato nella sto­ria dell'umanità, tutti coloro che nascono, nascono ormai col pecca­to originale. Eccetto la Santissima Vergine Maria. Così Dio ha vo­luto che nella storia dell'umanità, avvizzita in un certo senso dal peccato di disobbedienza da parte della madre del genere umano, quell'errore fosse riparato da una creatura simile, dalla nostra ma­dre del cielo: la Santissima Vergine Maria.
Se, pertanto, è con una disobbedienza che il peccato è entrato nella storia dell'umanità, è con l'obbedienza della Santissima Ver­gine Maria che quel peccato è stato riparato. Dunque in ciò c'è un'ammirabile antitesi, voluta, o almeno permessa, dal buon Dio. Certamente Dio non ha voluto il peccato, ma in un certo modo l'ha permesso, come dice la liturgia del sabato santo: felix culpa, colpa felice, che ci ha meritato tante grazie, che ci ha meritato di avere tra noi il Figlio di Dio e la Santissima Vergine Maria.
Dobbiamo dunque approfittare di questa lezione e della grazia che ci offre la Santissima Vergine, lei che è detta piena di grazia perché ha obbedito, perché si è sottomessa a Dio.
Ed è proprio questo che deve essere il primo desiderio della nostra vita. La virtù dell'obbedienza è come l'anima della nostra santifica­zione. E al centro di tutta la nostra vita, di quella naturale come di quel- la soprannaturale. In effetti non può darsi vita naturale senza obbe­dienza come senza di essa non può darsi neppure vita soprannaturale.

Che cos'è l'obbedienza
Ma, in definitiva, cos'è l'obbedienza? In che cosa consiste? Mi sembra che la si potrebbe definire come «la virtù di Dio». Virtus Dei omnipotentis, la virtù di Dio onnipotente, che si infonde nelle nostre anime, nelle nostre esistenze, nella nostra volontà e nella no­stra intelligenza, nel nostro corpo. Virtù che è la potenza di Dio on­nipotente, che si inscrive nelle nostre vite, nella nostra quotidianità. Perché noi non siamo nulla senza questa virtù di Dio: « Senza di me, non potete fare nulla» (Gv 15,5).
Questa virtù di Dio si inscrive in noi per mezzo delle leggi, dei co­mandamenti, dei consigli evangelici. Ama Dio, ama il tuo prossimo: ecco quello che dobbiamo fare. È a questa condizione che vivremo, nell'ordine naturale come in quello soprannaturale. Perciò dobbiamo desiderare, prima di tutto, che questa virtù divina, naturale e sopran­naturale al tempo stesso, penetri nelle nostre anime e ci conquisti in­teramente. Senza sottrarre nulla a questa presa di potere dell'Onni­potente in noi, sottomettendoci completamente alla Sua forza vivifi­cante e alla Sua grazia, che ci promette la beatitudine eterna. Ecco cos'è l'obbedienza ed ecco il suo frutto. La vita naturale, la vita so­prannaturale e, per ciò stesso, la vita della visione beatifica - la vita eterna - hanno tutte la loro scaturigine nella virtù dell'obbedienza.
E allora tale deve essere, cari amici, la disposizione profonda delle nostre anime, perché la fede altro non è che l'obbedienza dei nostri intelletti alla Rivelazione di Nostro Signore, che ci dà la Sua verità, che ce la trasmette, e tale verità costituisce per noi una fonte di vita e di grazie.
Sottomettiamo pienamente, dunque, la nostra intelligenza e la no­stra volontà a Nostro Signore Gesù Cristo. Domandiamo questa grazia tramite l'intercessione della Santissima Vergine Maria, con l'umiltà di sottometterci interamente alla santa volontà di Nostro Signore.
La Madonna ce ne ha dato l'esempio con il suo fiat, con la sua umiltà. E nel Magnificat cantiamo: Quia respexit humilitatem an cillce suce, «Perché guardò all'umiltà della sua serva». E sua cugi­na Elisabetta le dice: Et beata, qua credidisti (Le, 1,45): «Beata, poiché hai creduto ».
La fede! La fede non è altro che l'obbedienza, la sottomissione della nostra intelligenza alla verità rivelata dall'autorità di Dio. Ec­co in cosa deve consistere la nostra obbedienza. Allora, per mezzo della grazia dell'obbedienza, trasformeremo le vostre vite, che sa­ranno pienamente conformi alla volontà di Dio.

Come praticare l'obbedienza nella crisi della Chiesa
Ma, nelle circostanze in cui viviamo, nella confusione in cui si trova oggi la Chiesa, è lecito domandarsi: in che consiste oggi l'ob­bedienza? Come si realizza oggi l'obbedienza nella santa Chiesa? Ebbene, non dobbiamo dimenticare che la prima obbedienza, l'ob­bedienza fondamentale, radicale, la nostra obbedienza totale è quel­la a Gesù Cristo, a Dio. Perché è Lui che ci chiede l'obbedienza; è Lui che ci chiede la sottomissione. E il buon Dio ha fatto tutto il ne­cessario per illuminarci sull'obbedienza.
Per duemila anni di vita della Chiesa, la luce ci è stata data per mezzo della Rivelazione, degli apostoli, di Pietro e dei successori di Pietro. Quando è capitato che qualche errore si sia insinuato o che qualche verità non sia stata trasmessa esattamente, la Chiesa ha ri­messo le cose a posto. La Chiesa ha avuto cura di trasmetterci la ve­rità conformemente alla Rivelazione del Signore.
Ai nostri giorni, per un mistero insondabile della Provvidenza, è permesso che si realizzino circostanze uniche nella storia della Chiesa, che le verità non siano più trasmesse con la fedeltà con cui sono state trasmesse per duemila anni. Non cerchiamone nemmeno il motivo, non indaghiamo sulle responsabilità. Ma questi fatti so­no sotto i nostri occhi. La verità, che è stata insegnata ai bambini, ai poveri - Pauperes evangelizantur (Mt 11,5), « Ai poveri si an­nuncia la buona novella », come rispondeva Nostro Signore agli inviati del Battista - oggi non la si insegna più; non si dà loro il «pa­ne di vita».
Hanno trasformato i nostri Sacrifici, i sacramenti, i catechismi... Siamo stupefatti, dolorosamente sorpresi. Che fare in presenza di una realtà così profondamente angosciosa, lacerante, schiacciante? Mantenere la fede. Obbedire a Nostro Signore Gesù Cristo e a ciò che ci ha trasmesso per duemila anni. In un momento di terrore, di confusione, di disgregazione della Chiesa, che dobbiamo fare, se non attenerci a ciò che Gesù ha insegnato, a ciò che la Chiesa ci ha dato come verità per sempre, definita una volta per tutte?
Non si può più cambiare ciò che è stato definito una volta per tut­te dai Sommi Pontefici con la loro infallibilità. Nessuno ha il dirit­to di cambiare la verità che è inscritta per sempre nelle Sacre Scrit­ture, perché l'immutabilità della verità corrisponde all'immutabilità di Dio: è, per l'esattezza, una comunicazione dell'immutabilità di Dio all'immutabilità delle nostre verità. Cambiarle significherebbe attentare all'immutabilità di Dio. Mentre Dio è ìmmotus in se permanens, rimane immoto in sé, nell'eternità, al di fuori del mutare dei tempi.
Perciò dobbiamo aderire alle verità eterne, che ci sono state in­segnate in modo permanente, senza lasciarci turbare dal disordine attuale. Sapere quando è il caso di obbedire, non « obbedire per ob­bedire», un'obbedienza fine a se stessa. Perché in definitiva si trat­ta di questo.
Da una parte il buon Dio ha voluto che la Sua verità ci fosse tra­smessa attraverso gli uomini che partecipano della Sua autorità. Dall'altra, nella misura in cui essi non sono fedeli alla trasmissione della verità, noi non possiamo più accettare i loro ordini e gli obbli­ghi che vogliono imporci. Infatti, obbedire a degli uomini che tra­smettono infedelmente il messaggio che è stato loro dato, signifi­cherebbe disobbedire a Dio. E non c'è dubbio che dobbiamo obbe­dire a Dio, piuttosto e prima che agli uomini: in tal caso essi non ottemperano alla funzione per cui hanno ricevuto l'autorità. Laddo­ve, al contrario, il messaggio trasmesso dagli uomini corrisponde a quello di Nostro Signore, non abbiamo alcun diritto di non obbedi­re, fino all'ultimo iota.
Per questo lo stesso san Paolo ci ha avvertito affermando: « Se un angelo del cielo o se io stesso vi insegnassi qualcosa di diverso da ciò che vi ho insegnato, non ascoltatelo» (Gfil 1,8). È il nostro caso: siamo proprio davanti a questa realtà. Se anch'io vi insegnassi qualcosa di contrario ali insegnamento di Gesù Cristo, a ciò che tutta la Tradizione ci ha tramandato, non ascoltatemi. Avreste il di­ritto di non obbedirmi, perché non sarei rimasto fedele alla missio­ne che Dio mi ha affidato.

Una crisi senza precedenti

Paolo VI e coloro che hanno cambiato la Messa di sempre...grazie a lui

L'indisciplina dilaga dappertutto nella Chiesa: comitati e preti inviano ingiunzioni ai loro vescovi, i vescovi si infischiano delle esortazioni pontificie, le stesse raccomandazioni e decisioni conci­liari non vengono rispettate, senza che si senta mai pronunciare dal­l'alto la parola «disobbedienza», salvo poi applicarla solo ai catto­lici che vogliono restare fedeli alla Tradizione e semplicemente con­servare la fede.
L'obbedienza costituisce un argomento grave. Restare uniti al magistero della Chiesa e particolarmente al Sommo Pontefice è una delle condizioni indispensabili alla salvezza. Noi ne siamo profon­damente coscienti e anzi nessuno più di noi è attaccato al successo­re di Pietro oggi regnante, come lo siamo stati ai suoi predecessori. Parlo qui di me e dei numerosi fedeli respinti dalle chiese, dei sa­cerdoti costretti a celebrare la Messa nei granai, come durante la Ri­voluzione francese, e a organizzare corsi di catechismo paralleli nel­le città e nelle campagne.
Siamo attaccati al Papa finché si fa eco delle tradizioni apostoli­che e degli insegnamenti di tutti i suoi predecessori. Per definizione stessa, il successore di Pietro è tenuto a custodire questo deposito, come ci insegna Pio IX nella PASTOR AETERNUS. L'autorità delegata dal Signore al Papa, ai vescovi e al sacerdozio in generale, è al servizio della fede. Servirsi del diritto, delle istituzioni, dell'autorità per an­nientare la fede cattolica e non comunicare più la vita è praticare una sorta di aborto spirituale! Ecco perché noi siamo sottomessi e pronti ad accettare tutto ciò che è conforme alla nostra fede cattoli­ca, tale e quale è stata insegnata per duemila anni, mentre rifiutiamo tutto ciò che le è contrario.

     La «regola» di san Vincenzo di Lerinoper restare fedeli alla Tra­dizione
Nella prima metà del secolo V, san Vincenzo di Lerino, che era stato soldato prima di consacrarsi a Dio ed era stato, come riferisce, « sballottato a lungo sul mare del mondo prima di entrare nel porto della fede », si esprimeva così a proposito dello sviluppo del dogma: « Non ci sarà alcun progresso della religione nella Chiesa di Cristo? Ce ne saranno, certo, e di molto importanti, in modo però che si ab­bia un progresso nella fede e non un cambiamento. E auspicabile che crescano abbondantemente e intensamente in tutti e in ciascuno, ne­gli individui come nella Chiesa, lungo i secoli, l'intelligenza, la scien­za, la sapienza, purché ciò avvenga nell'identità del dogma, di uno stesso pensiero ». San Vincenzo conosceva lo shock delle eresie, e pertanto dà una regola di condotta sempre valida, anche dopo mille­cinquecento anni: « Cosa farà il cristiano cattolico se qualche piccola parte della Chiesa si staccherà dalla comunione, dalla fede universa­le? Quale altra decisione prendere, se non preferire alla parte cancre­nosa e corrotta il corpo nel suo insieme che è sano? E se qualche al­tro nuovo contagio cerca di avvelenare non più una piccola parte del­la Chiesa, ma tutta quanta, allora sarà sua massima cura attenersi all'antico, che evidentemente non può essere sedotto da alcuna novità menzognera». Nelle litanie delle rogazioni la Chiesa ci fa dire: «Ti supplichiamo, o Signore, di mantenere nella Tua santa religione il Sommo Pontefice e tutti gli ordini della gerarchia ecclesiastica ». Il che vuol dire che, potenzialmente, una tale disgrazia può accadere.
Nella Chiesa non c'è alcun diritto, alcuna giurisdizione che pos­sa imporre a un cristiano una diminuzione della propria fede. Cia­scun fedele può e deve resistere a chiunque attenti alla sua fede, fa­cendo leva sul catechismo della sua infanzia. Se si trova di fronte a un ordine che la mette in pericolo di corruzione, la disobbedienza è un dovere tassativo. Ora, siccome noi riteniamo che la nostra fede sia in pericolo a causa delle riforme e degli orientamenti post-con­ciliari, abbiamo il dovere di disobbedire e di attenerci alla Tradizio­ne. Aggiungiamo: è il più grande servizio che possiamo rendere al­la Chiesa e al successore di Pietro, quello di rifiutare una « Chiesa » riformata e liberaleggiante. Lo abbiamo visto: Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, non è né liberale né riformabile.
Adesso i cristiani sono divisi perfino in seno a una stessa fami­glia a causa della confusione che si è instaurata. Non vanno più al­la stessa Messa, non leggono più gli stessi libri. I sacerdoti più an­ziani non sanno più che fare: o obbediscono ciecamente a ciò che i superiori impongono loro e perdono in qualche modo la fede della loro infanzia e della loro giovinezza, rinunciando alle promesse che hanno fatto al momento della loro ordinazione con il giuramento an­timodernista; oppure resistono, ma con l'impressione di separarsi dal Papa che è nostro padre e Vicario di Cristo. In entrambi i casi, che lacerazione! Molti sacerdoti addirittura sono morti prematura­mente di dolore.
Quanti altri sono stati costretti ad abbandonare le parrocchie nel­le quali da molti anni esercitavano il loro ministero, segno dell'a­perta persecuzione da parte delle gerarchie, malgrado l'appoggio dei fedeli che si vedevano strappato il loro pastore!

Il colpo da maestro di Satana
Due religioni si affrontano. Ci troviamo in una situazione dram­matica, in cui è impossibile non fare una scelta. Tale scelta però non è fra l'obbedienza e la disobbedienza. Ciò che ci propongono, ciò a cui siamo espressamente invitati, ciò per cui ci perseguitano, si ri­duce a scegliere una parvenza di obbedienza. Il Santo Padre, infat­ti, non può chiederci di abbandonare la nostra fede. Noi scegliamo dunque di conservarla, sapendo che non possiamo ingannarci rima­nendo attaccati a ciò che la Chiesa ha insegnato per ben duemila an­ni. La crisi è profonda, sapientemente organizzata e diretta, tanto che si può veramente credere che il maestro concertatore non sia un uomo, bensì Satana in persona. È il colpo da maestro di Satana es­sere riuscito a far disobbedire i cattolici a tutta la Tradizione... pro­prio in nome dell'obbedienza. Ma l'obbedienza, in questo caso, do­vrebbe manifestarsi con un rifiuto categorico. L'autorità, anche le­gittima, non può ordinare un atto riprovevole, cattivo.
San Tommaso d'Aquino, al quale in materia teologica è bene fa­re sempre riferimento, arriva fino a domandarsi nella Somma teolo­gica se la « correzione fraterna » prescritta da Nostro Signore possa esercitarsi anche verso i superiori. Dopo aver esaminato tutte le di­stinzioni utili, risponde: «Si può esercitare la correzione fraterna verso i superiori quando si tratta della fede». Se noi fossimo più fermi su questo principio, eviteremmo di arrivare fino ad assimilare gradualmente le eresie.

Un precedente storico di rilievo: Io scisma anglicano
Concilio Vaticano II, il Concilio dei Papi e Vescovi modernisti
All'inizio del XVI secolo, gli inglesi conobbero un caso del ge­nere di quello che viviamo noi, con la differenza che esso terminò con uno scisma ufficiale. Per il resto, le similitudini sono sorpren­denti e tali da farci riflettere. La nuova religione, che prenderà il nome di anglicanesimo, comincia con l'offensiva contro la Messa, la confessione personale, il celibato ecclesiastico. Enrico Vili, ben­ché si fosse assunto l'enorme responsabilità di separare il suo po­polo da Roma, rifiuta le suggestioni che gli vengono proposte; ma nell'anno successivo alla sua morte un'ordinanza autorizza l'uso dell'inglese per la celebrazione della Messa. Vengono interdette le processioni, viene imposto un nuovo Ordo Missae, Order of Communion, nel quale è stato soppresso l'offertorio. Per rassicurare i cristiani, una nuova ordinanza interdice qualsiasi altro tipo di cam­biamento, mentre una terza permette ai parroci di eliminare le sta­tue dei santi e della Madonna nelle chiese. Opere d'arte venerabili finiscono vendute ai commercianti, come oggi agli antiquari e ai ri­gattieri.
     Solamente qualche vescovo fece notare che Y Order of Communion attentava al dogma della presenza reale, poiché afferma­va che il Signore ci dona il Suo corpo e il Suo sangue solo spiritualmente. Il Confiteor, tradotto in lingua nazionale, era pronun­ciato nello stesso tempo dal celebrante e dai fedeli (proprio come nel messale di Paolo VI) e serviva da assoluzione di tutti i pecca­ti. La Messa era trasformata in mensa, turning into a communion. Ma anche i vescovi illuminati accettarono infine il nuovo rito, pur di mantenere la pace e l'unione. Ed è esattamente per le stesse ra­zioni che la cosiddetta «Chiesa conciliare», come la si chiama, vorrebbe imporci il Novus Ordo. I vescovi inglesi affermarono nel XVI secolo che la Messa era un «memoriale» e una nutrita propaganda insinuò i modi di vedere luterani nello spirito dei fe­deli.  


Le sospette similitudini tra il Prayer Book anglicano e la nuova Messa

Il Papa è chiamato nel frattempo solamente « vescovo di Roma»; non è più il padre, ma il fratello di tutti i vescovi e, nel caso citato, del re d'Inghilterra, che si è autonominato capo della Chiesa nazio­nale. Il Prayer Book di Cranmer è stato composto mescolando par­ti di liturgia greca e di liturgia di Lutero. Come non pensare a mons. Annibale Bugnini, che redige la Messa detta di Paolo VI con la col­laborazione di sei «osservatori protestanti», addetti qualificati ai consiglio per la riforma liturgica? Il Prayer Book comincia con que­ste parole: « La cena e santa comunione, comunemente detta Mes­sa... », quasi una prefigurazione del famoso articolo 7 dell'Institutie generalis del nuovo messale: « La cena del Signore o Messa... ». La distruzione del sacro, di cui parlavamo prima, era essa pure inclusa nella riforma anglicana: le parole della consacrazione dovevano ob­bligatoriamente essere dette a voce alta, esattamente come accade nella nuova Messa.
Il Prayer Book fu approvato dai vescovi anche « per conservare l'unità interna del regno». I sacerdoti che continuavano a dire «l'antica Messa» incorrevano in pene che andavano dalla perdita dei redditi alla revoca pura e semplice e, in caso di recidività, alla prigione perpetua.
L'Inghilterra dei Tudor scivolò nell'eresia senza rendersene nem­meno conto, accettando il cambiamento sotto il pretesto di adattarsi alle circostanze storiche dei tempi, con i suoi pastori in testa. Oggi è tutta la cristianità che rischia di imboccare lo stesso cammino. Avete mai pensato che se noi uomini di una certa età corriamo un pericolo piccolo, invece i ragazzi e i giovani seminaristi formati coi nuovi catechismi, con la psicologia e la sociologia sperimentali, senza alcuna infarinatura di teologia dogmatica e morale, di diritto canonico, di storia della Chiesa, educati in una fede che non è quel­la vera, trovano normali le nozioni neo-protestanti che si vanno in­culando loro? Cosa ne sarà della religione di domani se noi non re­sistiamo? 


Qual è la vera obbedienza?
Forse vi viene la tentazione di dire: «Ma noi che possiamo far­ci? È un vescovo che dice questo o quello. Guardate, questo docu­mento viene dalla commissione per la catechesi, o dalla talaltra commissione ufficiale ». Allora non resta altro che perdere la fede? No, non abbiamo il diritto di reagire in questo modo. San Paolo stes­so ci ha avvertito al riguardo, come abbiamo visto. Rileggiamolo e meditiamolo ancora: « Se un angelo del cielo o se io stesso vi inse­gnassi qualcosa di diverso da ciò che vi ho insegnato, non ascolta­telo ». Questo è il segreto della vera obbedienza.
Ecco, dunque, quale deve essere la nostra obbedienza. Innanzi­tutto obbedire a Dio. È il solo mezzo di pervenire alla vita beata nel­l'eternità: è l'obbedienza a indicare la strada che conduce al cielo. In ciò seguiamo l'esempio della Vergine Maria. Ella è stata l'obbe­dienza stessa. È l'esempio più perfetto, più bello, più sublime del­l'obbedienza, contrariamente e antiteticamente alla disobbedienza della madre del genere umano.
Pertanto, cari amici, domandiamo alla Madonna di insegnarci la sua obbedienza e di aiutarci a conservarla fino alla morte. Che il buon Dio ci conceda questa grazia!

 Sembra quindi chiaro, leggendo il pensiero di un Sant'uomo, come Lefebvre, a chi bisogna obbedire e a chi bisogna disubbidire.....

Questo è un tempio dei protestanti, dove professano il loro eretico culto...

Questa è una moderna Chiesa, si puo' notare la perfetta somiglianza con il tempio protestante...

Questo e' un esempio del tempio inventato dalla diabolica ed eretica setta Neocatecumenale, recentemente approvata dalla gerarchia della nuova Chiesa Conciliare...

E ancora si dice che non ci sia stata rottura dottrinaria durante il Concilio, anche un cieco la vedrebbe...

3 commenti:

  1. Scusate l'OT. ma qunato è bella e importante l'attuale e recente enciclica di Papa Benedetto XVI "Acerbo nimis" sull'insegnamento della dottrina cattolica? veramente un'encilcica adatta ai tempi moderni.

    Al

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  2. Sì, ti "correggo" io.... ^___^
    non è di Benedetto, ma di San Pio X...
    adattissima a questi tempi, direi...perchè la vera Dottrina cattolica non "passa" MAI DI MODA, e non diviene mai "antiquata"....
    ;-)

    RispondiElimina

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