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mercoledì 22 maggio 2013

LE BUGIE HANNO LE GAMBE CORTE...

Proponiamo due articoli che rimandano ad alri due inteventi di Fellay messi in rete dal sito La Sapinière e tradotti, dal Francese, dal benemerito sito di Unavox che gentilmente ci ha segnalato il suo lavoro:
 
Commento alla Nota di Mons. Bernard Fellay
con la quale presenta la pubblicazione della
Dichiarazione dottrinale del 15 aprile 2012

http://www.gloria.tv/thumbnail/2013-01/media-390263-2.jpg


Questo commento è stato pubblicato sul sito francese La Sapinière gestito da sacerdoti e laici della Fraternità San Pio X, contrari all'accordo con Roma

Si veda il testo della Nota di Mons. Fellay


La “nota sulla dichiarazione dottrinale del 15 aprile 2012” è sta composta da Mons. Fellay, come egli stesso annuncia ne “La parola del Superiore generale”, all’inizio di Cor Unum del marzo 2013: “Per quanto riguarda il testo della dichiarazione dottrinale che tanto ha agitato gli animi l’anno scorso, io lascio che vi riferiate al testo introduttivo che ho redatto, in vista di ricondurla nel suo contesto”.
Vediamo dunque questa introduzione, per sottolinearne certi punti, senza analizzare la dichiarazione stessa (1).

Poiché Mons. Fellay sembra tenere particolarmente al contesto, guardiamo prima di tutto il contesto della pubblicazione di detta dichiarazione, avvenuta un anno dopo.
Menzingen ne avrebbe fatto certo volentieri a meno se questo testo non fosse apparso su Internet a marzo (2).
Nell’odiosa “lettera circolare” del 7 marzo, Don Thouvenot ne annunciava la pubblicazione ufficiale proclamando: “Ciascuno saprà fare la differenza tra informazione e intossicazione”. Ora, dal momento che il testo della dichiarazione è esattamente il medesimo nei due casi, quanto detto allora sembrerebbe significare che la dichiarazione, da sola, sia l’intossicazione, mentre la dichiarazione con un paio di occhiali rosa forniti da Menzingen sia l’informazione. Chi vuole intendere intenda!

Le spiegazioni di Mons. Fellay sul contesto della dichiarazione sono abbastanza imbarazzanti. Si è cercato di annegare il pesce, ma il pesce è grosso e perfino enorme. La pubblicazione di questa dichiarazione conferma “i nostri peggiori timori”, scriveva Mons. Williamson.
Mons. Fellay sostiene che “se anche il documento di aprile fosse stato accettato [come lui si augurava], questo non sarebbe bastato per concludere una normalizzazione canonica”.
È così sicuro?
In ogni caso le cose sarebbero state portate ben in avanti in questa direzione.

Uno dei punti capitali di queste condizioni sine qua non era e resta il libero attacco e la denuncia degli errori nella Chiesa”. In effetti, sull’attacco e sulla denuncia degli errori, noi stiamo ancora aspettando da un bel po’ di tempo. La casa generalizia ha osservato nel passato un tale silenzio, per esempio a proposito della “beatificazione” di Giovanni Paolo II e dell’abominio di Assisi, ed ha osservato nel presente un tale silenzio a proposito degli scandali già numerosi del nuovo Papa,  che c’è da temere un silenzio ancora più pesante nell’avvenire, nel caso di un riconoscimento ufficiale.

Come accettiamo di essere ingiustamente condannati per la nostra fedeltà alla tradizione bi-millenaria, così non accettiamo di essere accusati di una rottura con Roma, cosa che il nostro fondatore ha sempre rifiutato.
Il nostro fondatore, ordinando dei sacerdoti il 29 giugno 1976 e soprattutto consacrando dei vescovi il 30 giugno 1988, ha di sicuro accettato di essere accusato – ingiustamente – di rottura con Roma. Ma egli si preoccupava di distinguere “la Roma cattolica” dalla “Roma neo-modernista e neo-protestante”. Egli quindi avrebbe piuttosto scritto: “Come accettiamo di essere ingiustamente condannati per la nostra fedeltà alla tradizione bi-millenaria, così accettiamo di essere accusati ingiustamente di una rottura con Roma, posto indubbiamente che noi non abbiamo mai rotto con la Roma cattolica, ma solo con la Roma conciliare”.
È da più di quarant’anni almeno che ci si accusa di non essere con Roma e Mons. Fellay dovrebbe tenerlo presente prima di scrivere che noi non l’accettiamo.
Noi l’accettiamo come Nostro Signore ha accettato le false accuse nel corso della Sua Passione.

http://houndilemma.files.wordpress.com/2010/12/il-bacio-di-giuda-di-caravaggio.jpg 
 
 “Questo contesto mostra che la dichiarazione dottrinale non pretendeva di essere l’espressione esaustiva del nostro pensiero sul Concilio e il magistero attuale.”
Eppure Mons. Fellay andava a Roma, il 13 giugno, per firmare sulla base di questa dichiarazione. Era prudente farlo sulla base di un “punto particolare: l’accusa di scisma”?
D’altronde, la lettera del 15 aprile era una risposta alla lettera del 16 marzo del cardinale Levada: “Nel caso vorreste riconsiderare la vostra posizione in vista di una piena reintegrazione nella comunione della Chiesa universale, io vi prego di farcelo sapere entro la seconda Domenica di Pasqua (15 aprile 2012).”Bisognava dunque presentare a Roma “l’espressione esaustiva del nostro pensiero” o quantomeno non accontentarsi di un testo “minimalista” (Cor Unum, estate 2012) e così ambiguo.
Vero è che Mons. Fellay, quando lo scrisse, pensava che “fosse sufficientemente chiaro” (Ecône, 7 settembre), riteneva di essere “riuscito a sufficienza ad evitare le ambiguità” (ma quando si dice chiaramente la verità, non sussiste il problema di riuscire, sufficientemente o meno, ad evitare le ambiguità).
Mons. Fellay, osa qui riaffermare che “per ciò stesso veniva evitata ogni ambiguità”, ma constata che “il nostro pensiero non è stato compreso secondo questo senso da diversi membri eminenti della Fraternità, che vi hanno visto dell’ambiguità”.
Ma allora, c’era ambiguità o no? Che continuano a pensarne questi “membri eminenti”?

Mons. Fellay paragona poi i testi del 15 aprile e del 13 giugno e fa un esempio di “ciò che è stato spostato e modificato” da Roma sulla questione della Messa:
laddove noi riconoscevamo la validità del NOM in sé e la legittimità o legalità della promulgazione (come Mons. Lefebvre nel 1988), nel testo del 13 giugno si trova il riconoscimento della validità e della liceità del NOM…
Quali che siano le intenzioni di Mons. Fellay, che non sta a noi giudicare, in questa frase vi è oggettivamente una menzogna: Mons. Lefebvre, nel testo del 1988, riconosceva solo la validità della nuova Messa, non la sua legittimità (né la legittimità della sua promulgazione). Noi abbiamo sempre considerato il nuovo rito e la sua promulgazione come illegittimi.
Il testo di Mons. Fellay del 15 aprile 2012 riprende quello di Mons. Lefebvre del 5 maggio 1988 con la differenza – e che differenza! – che Mons. Fellay aggiunge l’avverbio “legittimamente” (promulgati).
Quanto al testo rivisto da Roma (13 giugno), esso differisce indubbiamente da quello del 15 aprile, ma sostanzialmente assomiglia molto di più a quello di Mons. Fellay che a quello di Mons. Lefebvre, a causa di questa nozione di legittimità.
Mons. Fellay confonde un po’ le acque con l’espressione “in sé”, mentre il cardinale Levada, nella “nota preliminare” del preambolo dottrinale del 14 settembre 2011, precisava bene: “il preambolo dottrinale fa riferimento ai riti in quanto tali e presuppone la chiara distinzione tra i riti indicati nei libri promulgati… e gli abusi e gli errori dottrinali nelle diverse forme di realizzazione della riforma liturgica.

Mons. Fellay sottolinea altre modifiche apportate da Roma al suo testo, ma è il suo stesso testo ad essere gravemente insufficiente.
Egli scrive: “la formulazione è difficilmente conciliabile”,“le espressioni o formulazioni che non sembrano conciliabili”; Roma corregge: “La formulazione che a certuni potrebbe sembrare difficilmente inconciliabile”.
Mons. Lefebvre invece aveva scritto: “Certi punti che sembrano difficilmente conciliabili”; si trattava già di qualcosa di più forte della dichiarazione del 15 aprile 2012, e tuttavia gli sembrò insufficiente e ben presto rinnegò questo protocollo del 5 maggio 1988.
Si vada a leggere la vita di Mons. Lefebvre scritta da Mons. Tissier (p. 584 [pp. 627-628 dell’edizione italiana – Ed. Tabula Fati, 2005]) e si comprenderà meglio perché non si possono accostare la dichiarazione di Mons. Fellay del 15 aprile 2012 e quella proposta da Mons. Lefebvre il 15 aprile 1988, come invece fa Cor Unum: ”dichiarazione dottrinale come quella presentata da Mons. Lefebvre

Mons. Fellay spiega infine di avere informato Mons. Di Noia che “ritirava” questo testo del 15 aprile, che “ormai non poteva più servire come base di lavoro”.
Ritroviamo qui lo stesso verbo usato a Ecône il 7 settembre: Mons. Fellay “ritira” la sua dichiarazione. Egli non se ne rammarica (neanche con una contrizione imperfetta); non la ritratta, non la rinnega, non la rimprovera. Egli non ne riconosce le ambiguità, gli errori, il pericolo. Il testo è stato messo nel cestino (o negli archivi?), ma non l’orientamento che esso esprime.

Noi manteniamo con forza la nostra resistenza a questo nuovo orientamento. Non riconosciamo né la legittimità della dichiarazione del 15 aprile 2012, né la legittimità della sua divulgazione un anno più tardi.

NOTE

1 - Si veda quanto scritto da Mons. Richard Williamson nei suoi Commenti Eleison: nn. 300 e 303. 2 - Pubblicato da La Sapinière il 9 marzo 2011
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http://www.gloria.tv/thumbnail/2011-10/media-205931-2.jpg
 
Riflessioni su «La parola del Superiore generale»


Queste riflessioni sono state pubblicate sul sito francese La Sapinière gestito da sacerdoti e laici della Fraternità San Pio X, contrari all'accordo con Roma

Si veda il testo della «Parola del Superiore generale»


Nella sua prima parte, Mons. Fellay richiama subito l’abbandono di Benedetto XVI: ritenendo che «le ragioni di salute addotte possono bastare per spiegare ciò che è accaduto» (?), non avanza la minima critica, né sul suo gesto né sul disastroso pontificato del Papa «emerito».
Quanto al nuovo Papa, «noi dobbiamo mantenere la più grande prudenza prima di avanzare un giudizio, e questo fin a quando non lo vedremo all’opera».
Questa «parola del Superiore» è datata 25 marzo: quindi 12 giorni dopo l’elezione del Papa, e lo si è già visto «all’opera» fin dai primi giorni, fin dalle prime ore:
la sua prima lettera (al gran rabbino di Roma),
la sua prima Messa (senza genuflessione alla consacrazione),
il suo primo Angelus (elogio di Kasper)…
Sembra che Mons. Fellay non abbia notato tutto questo, e allora si interroga: «Che ci riserverà il nuovo successore di Pietro?», e ancora: «Papa Francesco, restaurerà la Chiesa lottando efficacemente contro la corruzione morale o la affosserà ulteriormente proseguendo nell’applicazione delle riforme del Vaticano II?», e aggiunge: «Queste due ipotesti non sono certo esclusive l’una dell’altra». Si fa fatica a seguirlo senza dover rinunciare al principio di non contraddizione…
Ma Mons. Fellay continua a chiedersi: «che ne sarà della predicazione integrale della fede, dello sviluppo dell’ecumenismo?». Su questi due punti, il riferimento a Kasper di Domenica 17 marzo, giustifica quanto meno certe apprensioni.
Tuttavia Mons. Fellay conclude questa prima parte con la parola: videbimus, vedremo.
Cos’è che dovremmo vedere? Non sembra che la cosa sia poi così sicura: quando non si vuol vedere nel presente, si rischia fortemente di non vedere nell’avvenire. Quando si indossano degli occhiali rosa, vi si può prendere gusto e quindi decidere a non volerseli più togliere.

Nella seconda parte, Mons. Fellay, per «rinserrare i ranghi», si sforza di rassicurare le sue truppe: «le nostre relazioni con Roma sono nuovamente congelate… - noi possiamo solo rifiutarci… - noi avevamo respinto con fermezza… - non se ne parla assolutamente». Tutte queste belle frasi non sono in grado di convincerci, quando in questo stesso Cor Unum andiamo a leggere la dichiarazione del 15 aprile o la lettera del 17 giugno.

Mons. Fellay torna allora alla carica contro quelli che resistono al nuovo orientamento (l’aveva già fatto nei due precedenti numeri di Cor Unum e in diverse altre occasioni): «manovre di destabilizzazione… - vero lavoro di scalzamento… - incredibile processo alle intenzioni… - vera opera di sovversione».
Per meglio cogliere la portata di queste espressioni ci si può utilmente riferire allo studio pubblicato da La Sapinière il 22 marzo: La communication de Menzingen : de la dialectique communiste ? - La comunicazione di Menzingen: dialettica comunista?.

Quanto al rimprovero di agire «coperti dall’anonimato», esso incappa male, quando si conoscono i procedimenti impiegati da Menzingrado e dai suoi sbirri, in particolare l’usurpazione di identità…

Sulle esigenze della giustizia ci sarebbe molto da dire: «che si rispetti la verità su tutto, che si scartino i pregiudizi, le condanne precostituite, senza conoscenza di causa, che non ci si arroghi il potere di giudici, che non si ha».
Notiamo solo l’“incredibile processo alle intenzioni” che si è permesso di attuare Don Thouvenot nella sua circolare del 7 marzo, in cui si parla di «sacerdoti decisi a far esplodere la Fraternità». Quando si conoscono questi buoni confratelli…

La giustizia «esige il rispetto dell’ordine stabilito»: per esempio il rispetto delle decisioni del Capitolo del 2006 a proposito delle relazioni con Roma.

«spaventare falsamente il nostro piccolo mondo della Tradizione»: quello che spaventa veramente il nostro piccolo mondo della Tradizione sono i testi come la risposta di Mons. Fellay agli altri tre vescovi (14 aprile 2012), sono gli atti come l’esclusione di Mons. Williamson. Quello che rassicurerebbe il nostro piccolo mondo della Tradizione, sarebbe il recedere chiaramente da questi testi e da questi atti.

Nella sua terza parte, Mons. Fellay invoca a ragione il potente patronato del buon San Giuseppe. Noi possiamo pregare particolarmente «Giuseppe prudentissimo» e «Giuseppe fortissimo» (litanie) per chiedere per i nostri Superiori le grazie della prudenza e della fortezza di fronte alle manovre della casa generalizia.

«Si degni Mons. Lefebvre di vegliare su tutti noi»: egli ci proteggerà tanto meglio se noi saremo più fedeli al suo insegnamento.
A questo proposito è stato pubblicato un bellissimo libro: Nos rapports avec Rome, par son Excellence Mgr Marcel Lefebvre [I nostri rapporti con Roma, di Sua Eccellenza Mons. Marcel Lefebvre]. Questo numero speciale di Combat de la Foi catholique è una raccolta di testi di Monsignore, commentati da Don Pivert.
La Sapinière si occuperà prossimamente di questa pubblicazione così opportuna, ma nell’attesa si può – si deve - richiedere il libro (362 pp, 16x24, 22 Euri + spese di spedizione) al seguente indirizzo:
Le Moulin du Pin, 53290 Beaumont-Pied-de-Boeuf
Tel 02 43 98 74 63 – fax 02 43 98 70 38

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